Cos’è il reverse charge?
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Il reverse charge o inversione contabile aiuta a semplificare gli acquisti e le vendite con IVA nell’ambito dell’UE. Infatti, regola il trasferimento dell’IVA tra venditori e clienti con sede in diversi Paesi dell’UE. Di primo acchito, può sembrare più complicato di quanto non sia in realtà. Nell’articolo ti spieghiamo tutto quello che devi sapere al riguardo.
Quando si applica il reverse charge?
Questa procedura si applica nell’Unione Europea da quasi 20 anni: se i beni o i servizi sono venduti a un cliente in un altro Paese dell’UE che è anche soggetto all’IVA, il venditore non è tenuto a indicare l’IVA in fattura. In questo caso, il cliente deve dichiarare, pagare e versare l’IVA nel proprio Paese. L’idea è quella di semplificare il più possibile il libero scambio all’interno dell’UE.
Tuttavia, c’è un’eccezione. Se il cliente è un privato in un altro Paese dell’UE, non si applica il reverse charge.
Esempi di reverse charge
Vediamo come si applica il reverse charge nella pratica:
- Supponiamo che organizzi un corso di formazione per un’azienda francese di Parigi. Nella fattura emessa non indichi l’IVA, motivando questa assenza con l’applicazione del reverse charge. Il cliente francese dichiara l’IVA sui tuoi servizi nel suo Paese, la paga e la detrae come parte della sua IVA.
- Acquisti uno schermo per il computer in Polonia, che ricevi in Italia. Ora paghi l’IVA, ma la recuperi in fase di dichiarazione IVA.
Cosa deve essere riportato in fattura per il reverse charge?
Il reverse charge trasferisce l’obbligo di pagamento dell’IVA dal fornitore al cliente, che si autofattura e versa l’imposta, contribuendo a una gestione più sicura e semplificata dell’IVA in contesti specifici e internazionali. È sempre necessario rispettare le norme per l’emissione delle fatture. Particolarmente importante è la presenza di un numero di partita IVA valido. Qui trovi tutte le informazioni per aprire la partita IVA.
Se vendi beni e servizi a un cliente di un altro Paese dell’Unione Europea, ricordati di indicare il reverse charge sulla fattura con la dicitura “Inversione contabile”. In questo modo, ti assicurerai che il tuo cliente possa effettivamente dichiarare e reclamare l’IVA.
⚠️ Se ricevi una fattura da un venditore di un altro Paese, assicurati che tutto venga rispettato. Verifica quindi se la fattura che stai pagando è conforme alle norme sull’inversione contabile.
È necessario dichiarare il reverse charge nella dichiarazione IVA?
Sì, nella dichiarazione IVA devi dichiarare anche le vendite e gli acquisti che rientrano nella procedura di inversione contabile. A tal proposito sono previsti il rigo VF per gli acquisiti di beni e servizi all’interno dell’UE, mentre nel rigo VE vanno indicati gli acquisti da soggetti non stabiliti in Italia per i quali il soggetto passivo è tenuto all’inversione contabile.
Il reverse charge si applica anche ai clienti di Paesi terzi?
In generale, se il tuo cliente non fa parte dell’Unione Europea, non verrà addebitata l’IVA. Tuttavia, vi sono alcuni casi specifici in cui vige l’inversione contabile, anche se si tratta di Paesi terzi. Ad esempio, se un’impresa italiana riceve servizi digitali da un fornitore extra-UE (ad esempio, un servizio di cloud o un software), l’impresa italiana deve autofatturarsi l’IVA applicando il meccanismo del reverse charge. In questo caso il fornitore estero non applica l’IVA, ma l’imposta deve essere comunque contabilizzata in Italia dal committente italiano.
Anche nel caso in cui un’azienda italiana riceva consulenze o servizi professionali da un’impresa di un Paese terzo, l’azienda in Italia è tenuta a emettere un’autofattura e a versare l’IVA tramite il reverse charge.
Quando si applica il reverse charge in sintesi
Se hai a che fare con aziende che si trovano al di fuori del territorio nazionale e con sede nell’UE, devi fare attenzione al momento di emettere la fattura e versare l’IVA. Vi è una differenza se il cliente è un privato o un’azienda. Infatti, nel caso di un’azienda, entra in vigore l’inversione contabile (conosciuta anche come reverse charge) e non è necessario indicare l’IVA in fattura. È inoltre importante che il cliente sia situato all’interno dell’UE o in un Paese terzo, in cui si applicano alcuni casi specifici. In genere, infatti, non è necessario indicare l’IVA o il reverse charge sulle fatture indirizzate a Paesi terzi.
FAQ
Cos’è il reverse charge?
Il reverse charge, o inversione contabile, è un meccanismo che semplifica la gestione dell’IVA negli acquisti e nelle vendite tra Paesi dell’Unione Europea, trasferendo l’obbligo di pagamento dell’IVA dal venditore al cliente.
Quando si applica il reverse charge?
Il reverse charge si applica quando beni o servizi sono venduti a un cliente in un altro Paese dell’UE, che è soggetto all’IVA. Il venditore non deve indicare l’IVA in fattura, e il cliente è responsabile di dichiarare e pagare l’IVA nel proprio Paese.
Cosa deve essere riportato in fattura per il reverse charge?
Nella fattura emessa per vendite a un cliente di un altro Paese dell’UE, deve essere indicata la dicitura “Inversione contabile” per assicurare che il cliente possa dichiarare e reclamare l’IVA correttamente. È essenziale includere un numero di partita IVA valido.
Il reverse charge si applica anche ai clienti di Paesi terzi?
In generale, il reverse charge non si applica ai clienti di Paesi terzi, ma vi sono eccezioni, come per i servizi digitali o professionali ricevuti da fornitori extra-UE. In questi casi, l’impresa italiana deve autofatturarsi l’IVA e versarla tramite il reverse charge.
È necessario dichiarare il reverse charge nella dichiarazione IVA?
Sì, è necessario dichiarare le operazioni soggette a reverse charge nella dichiarazione IVA, utilizzando gli appositi campi per gli acquisti e le vendite all’interno dell’UE e per le operazioni da parte di soggetti non stabiliti in Italia.